la nostra campagna
Maesta' via Terracina
Oratorio in  via per Sassuolo
Immagini dell'invisibile: gli oratori e le maesta'.

Vivere in compagnia, in comunione di Dio, della Madonna e dei Santi vuol dire certamenete avere fede; ed è quello che più conta! Ma vuol dire anche vivere in serenità e gioia perchè si sà di essere sempre avvolti e circondati dall'Amore di Qualcuno.
Scoprire i segni di questa presenza dell'amore nei nostri paesi, nelle nostre strade, piazze e case vuol dire gioiosa ricerca delle realtà più grandi che danno senso alla vita.

Arcivescovo emerito di Modena-Nonantola Santo Quadri

Elenco:

INTRODUZIONE
Percorrendo ciò che resta delle antiche strade del territorio modenese - come del resto tutto quello emiliano-romagnolo - ci s'incontra di frequente in pilastri o colonne, anticamente chiamate majestà, il più delle volte corrose dal tempo e dall'abbandono, nelle quali però sempre vi si conserva un’immagine sacra.
Era invalso al tempo in cui i romani aprivano nuove strade, di collocare una colonna per indicarne il punto d'origine, il termine, l'epoca o l'autore dell'arteria. Quest'uso si mantenne inalterato attraverso i secoli; cambiarono il tipo, la forma e la nomenclatura date a simili colonne, ma lo scopo ci arrivò costante sino alla metà del presente secolo. Divenne quindi tradizione col passare. del tempo, ornare questi pilastri con una nicchia in cui racchiudervi un' immagine sacra, volta a preservare i viandanti da incontri sgradevoli e malvagi, ed i rotabili dalle disgrazie, specie in prossimità di guadi o ponti.
Di tanto in tanto s'intersecano a queste maestà, vere e proprie cappelline private.
Le une e le altre tutte col prospetto diretto alla strada, in modo che l'immagine sacra fosse rivolta alla venerazione pubblica dei passanti.
Tali monumenti di antica e recente data, sono la testimonianza dell'ininterrotta fede nel cristianesimo della nostra gente. Essa risale sin dai tempi in cui S. Apollinare, (l° o 2° secolo d. C. ritengono probabile alcuni), portatosi a Ravenna dopo aver accompagnato S. Pietro a Roma, (altri pensano S. Barnaba o S. Dalmazio), evangelizzò al cristianesimo la Romagna e l'Emilia.
La continua presenza poscia in questo territorio dei padri benedettini dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente; il susseguirsi alla guida della Chiesa di Modena di Vescovi prestigiosi e lungimiranti - tra i quali va ricordato S. Geminiano, la cui fama ed influenza varcò i confini nazionali, sino a divenire leggenda - nonché l'apostolato svoltò a Modena, Carpi, Torre Maina e, con ogni probabilità anche a Formigine da S. Bernardino, durante il suo peregrinare intorno all'anno 1335 in questa zona, (l) attestano chiaramente la radicata fede religiosa di questo popolo.
La chiesa di Formigine poi, prima di assurgere a parrocchia, era un Rettorato posto sotto la cura della Cattedrale di Modena, a cui era preposto un Canonico del Capitolo. Vediamo infatti che ancora nella prima metà del Seicento e fino alla seconda metà del Settecento, il Collegio dei Canonici Laureati del Capitolo deteneva terre e benefici in quel di Formigine, provenienti da lasciti e legati eretti da privati formiginesi.
Questo indissolubile vincolo religioso, culturale e tradizionale che da sempre ha legato la nostra chiesa all'Episcopato modenese, è tutt'ora fervidamente sentito dai fedeli formiginesi.
Quanto sopra esposto, congiuntamente alla devozione alla Vergine Maria in primo luogo, al Redentore ed ai Santi tutti - quasi maggiore dell'adorazione dovuta al Padre Celeste - unite alle invocazioni di protezione rivolte ai Santi dai fedeli, sono forse le ragioni che hanno portato all'erezione degl'innumerevoli oratori e maestà, sparsi per ogni dove nell'alta e bassa pianura modenese e reggiana, ma certamente senza pari per quantità nella nostra parrocchia ed in quelle circostanti.

Oratorio Sant'Antonio
Oratorio S.Antonio
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"ORATORIO SANT'ANTONIO"
L’oratorio della Stradella posto sotto L’invocazione di Sant’Antonio da Padova, fa parte degli otto oratori pubblici che remotamente esistevano nella parrocchia di Formigine, nonostante sia sempre stato di proprietà privata. Esso ha dato il nome al luogo dove è sorto, che anticamente era denominato "Villa Stradella". Nel testamento oleografo del sacerdote Don Francesco Ghirelli del 1723, ricevuto a rogito dal notaio modenese Nicolò Caula nel gennaio del 1732, il testatore stabilisce una rendita in dotazione al detto Oratorio – che dichiara essere di sua proprietà – ordinando inoltre che il quadro rappresentante la Vergine e S. Antonio da Padova, dipinto da Sigismondo Caula, resti in perpetuo nella nominata cappella. La costruzione (o riscostruzione) dell’Oratorio di S.Antonio, è da ritenersi avvenuta tra il 1680 ed il 1710 all’incirca, in riferimento ai dati contenuti nel testamento di Don Ghirelli. In una memoria scritta di "manu propria" e depositata presso l’Archivio parrocchiale di Formigine, il locale arciprete don Scipione Zavarisi afferma che di commissione del Vescovo di Modena conte Alessandro Rangoni, il giorno 26 agosto del 1631 benedisse una cappella posta alla Stradella nel mezzo della strada, con due braccia di terra intorno per seppellirvi li morti di contagio. Sembrerebbe dunque che la cappellina descritta, esistesse già da tempo e sia stata consacrata nel 1631. Ma è lecito avvertire qualche dubbio in proposito, perché a distanza di soli 200 metri più a sud sul ciglio della stessa via Stradella, v’era un altro oratorio posto sotto l’invocazione dell’Immacolata Concezione e precisamente presso la casa ora Santunioni detti Rubbiani, la qual cappellina rovinò nello scorcio dell’Ottocento e non venne più riedificata. L’affermazione di don Zavarisi però,"… posta nel mezo della strada…", predispone a credere trattarsi dell’oratorio di S. Antonio, che fatiscente, sia stato posteriormente riedificato. Anche perché dalla seconda metà del Seicento, esisteva uno stradello che transitava da ovest verso est, che partendo dall’attuale oratorio di S. Giuseppe, metteva capo alla Stradella sboccando nei pressi della cappellina di S. Antonio, ma il dubbio rimane a scapito della certezza. L’Oratorio di S. Antonio, dopo la scomparsa di don F. Ghirelli, passò sotto l’amministrazione dell’omonima Opera Pia, di cui era stato nominato beneficiario il Rettorato della chiesa di S. Giorgio di Modena. Questa doveva provvedere alla manutenzione dell’oratorio, dei paramenti, arredi sacri e pagare l’elemosina di una Messa, da celebrarsi ogni domenica e ricorrenza festiva nella cappella di S. Antonio della Stradella. Durante il periodo Napoleonico, vennero assorbite dallo stato tutte le rendite ecclesiastiche che non fossero di pubblica beneficenza. Così anche L’Opera Ghirelli subì questo trattamento e l’oratorio di S. Antonio restò privo della dote di rendita, occorrente per celebrarvi le funzioni religiose. L’Oratorio fu preso in carico dagli abitanti del luogo, che ne curano tutt’ora la manutenzione e vi fanno celebrare le funzioni religiose a loro spese, le quali vi si svolgono in specifiche occasioni dell’anno. Un’ultima nota di rilievo c’informa inoltre, che l’interno della chiesuola venne dipinto nel 1943-44 dal concittadino Fernando Morselli (senior), del quale restano ancor visibili le pitture del soffitto a volta. La recente pulitura delle pareti eseguita di recente, è stata fatto a ricalco su quella del Morselli, rispettandone le tinte e i motivi, tanto da meritare un riconoscimento di lode all’indirizo degli esecutori.
Oratorio del Cristo
Oratorio del Cristo
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"ORATORIO DEL CRISTO"
E’questa una cappella di cui s’ignora il movente e l’epoca dell’erezione, ed anche la provenienza degli antichi affreschi di cui era dotata. Il solo dato certo di cui siamo a conoscenza, è il titolo plurimo dell’invocazione sotto al quale fu posto l’oratorio, ossia: dell’Immacolata Concezione, di S. Giuseppe e di Francesco da Paola.
L’oratorio fu certamente tra i primi sorti nel territorio di Formigine; di proprietà privata ma di pubblico uso e caro alla gente del luogo.
Situato sul lato est della strada Giardini tra le vie Valdrighi e S. Onofrio, vi si accedeva tramite un pedagno costruito sul canale di Formigine, remotamente in legno ed ultimamente in cotto. Il prato che l’ospitava, tra fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento era un benefizio goduto dai Canonici Laureati del Duomo di Modena. Al suo interno un affresco diviso in quattro campi verticali, raffigurava da sinistra verso destra S. Francesco da Paola, S. Giuseppe, la Vergine col Bambino, ed il Cristo crocefisso prima della deposizione, che Adolfo Venturi reputò di scuola emiliana, risalenti al XV e forse XIV secolo, Non ci è dato sapere se queste pitture fossero originarie della cappella. Oppure in essa traslate dalla chiesa parrocchiale dirupata entro le mura della Rocca feudale. Volgarmente l’oratorio fu detto del "Follo", perché situato poco al di sotto della cartiera locale. In seguito venne chiamato del Cristo, in relazione appunto ad uno dei dipinti interni che l’ornavano.
Narra lo studioso di cose patrie Giuseppe Campori, che nella seconda metà del Cinquecento, due sgherri mandati da Marco Pio – Signore di Sassuolo e di Formigine – assalirono il Canonico formiginese don Giovanni Mazzanti mentre passeggiava leggendo il breviario, com’era solito fare prima del crepuscolo lungo il tratto di strada davanti a questo oratorio, bastonandolo pesantemente senza pietà. Il motivo dell’aggressione stava nel fatto che il sacerdote era deciso a celebrare il matrimonio di due giovani contro il volere del feudatario, risoluto invece a valersi arrogantemente del diritto feudale di "prime noctis" con la sposa. La vicenda – degna di nota – è analoga a quella nella quale il Manzoni ambientò i Promessi sposi, mezzo secolo dopo e in altro luogo. Ultimamente i proprietari dell’oratorio del Cristo signori Ferrarini, cedettero l’area con annessi e connessi. I nuovi acquirenti demolirono l’antica cappella e ne’eressero un’altra nello stesso luogo in stile moderno. Più minuta e spoglia delle memorabili vestigia pittoriche, testimonianza concreta d’una piccola parte di storia del luogo.
Oratorio Ex Villa Sabatini
Oratorio Ex Villa Sabatini
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"ORATORIO SANT'ONOFRIO"
Immediatamente all'imbocco di via S. Onofrio, sul lato nord ci s'imbatte in un oratorio staccato dal corpo dell'edificio residenziale, con l'entrata principale sulla strada.
La cappellina fu sempre d'uso esclusivamente privata, passando in proprietà ai diversi possessori dell'edificio, che si succedettero dall' epoca della sua costruzione.
Tale motivo - cioè l'uso prettamente privato - ci lascia completamente all'oscuro sul merito dell'invocazione sotto la quale venne posto l'oratorio.
La famiglia patrizia modenese dei Macchioni, della quale fu discendente l'abate don Filippo, che resse il Vicariato Foraneo dell'arcipretura parrocchiale di Formigine dal 1741 al 1793, costruì la villa completata, dalle dipendenze all'inizio del Settecento.
I cambiamenti di proprietà (almeno 4), non portarono alla cessazione dell'uso privato dell'oratorio, che si ritiene benedetto in forza della sua originaria provenienza.
Ma per far luce sul titolo dell'invocazione di questa cappella, non bastano le supposizioni. Occorrerebbe visitarla al suo interno, se ancora arredata e corredata di qualche immagine o statuetta sacra d'epoca o, ancor meglio, consultare un rogito di compravendita di questa proprietà, sperando vi sia contenuto l'elemento della sua invocazione.
Chiesa Madonna del Ponte
Madonna del Ponte
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"ORATORIO MADONNA DEL PONTE"
Meglio conosciuto sotto il nome di S. Pietro Martire dal nome della Confraternita che vi officiava e vi ha sede fu eretto quale semplice oratorio nel 1510 per voto; alla Beata Vergine, dopo il saccheggio subito dai formiginesi l'anno stesso, ad opera degli eserciti Estense, dei Pio e di Papa Giulio II° Della Rovere, in guerra per il dominio dei Castelli d'oltre Panaro.
La Confraternita di S. Pietro Martire - sorta nel 1570 per l'Archivio parrocchiale e nel 1565 per quello del sodalizio religioso - acquistò l'oratorio e vi si trasferì nel 1581. Originariamente ebbe il prospetto rivolto alla Piazza, poi alla strada. Fu ampliato in vari fasi e diverse epoche a cominciare dal 1617, sino a divenire una vera chiesa sussidiaria della parrocchiale, Sopperendo alla vacanza di questa nel 1730 e nel 1945 durante i lavori di riedificazione totale parziale.
S'arricchì la Confraternita di molti e consistenti legati pii e di beneficenza, (Cozza, Piacentini, Gatti, Borghi ed altri), la disponibilità dei quali permise di ornare la chiesa con autentiche opere artistiche.
Nel 1648 la chiesa accolse le ossa di S. Curio, donatele dal Cardinale Vicario di Papa Innocenzo X Maria Ginetti, nell'altare all'uopo predisposto di S. Giovanni Battista.
Gli ampliamenti eseguiti all'edificio, portarono all'incorporo di un antichissimo affresco murale del Trecento, dipinto nel muro del casello posto a lato del Ponte Levatoio sulla fosse castellane. L'immagine raffigurante la Vergine Maria e a cagione del luogo di collocazione, fu sempre detta "Madonna del Ponte".
L'annessione dell'immagine sacra all'interno del tempio, rafforzò il titolo dell'invocazione a Maria, comunemente detta di S. Pietro Martire dal volgo, in funzione dell’omonima Confraternita che ne deteneva il possesso.
La compagnia religiosa ornò la facciata dell’oratorio, (ufficialmente fu sempre considerata oratorio, anche dopo essere divenuta chiesa), con una statua in bronzo della Vergine a grandezza quasi naturale, censita quale monumento nazionale dalla Sovraintendenza alle opere d’arte.
Eseguita nel 1645 dalla ditta Morenghi di Reggio Emilia, la statua venne fusa su un calco attribuito al noto artista Prospero Clementi, all’epoca già da tempo scomparso.
Oratorio del Conventino
Oratorio del Conventino
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"ORATORIO DEL CONVENTINO"
Prima di scendere a livello di semplice oratorio, la cappella in oggetto fu chiesa del convento dell’ordine dei Servi di Santa Maria, dipendente dal Monastero di Bologna nella Provincia di Romagna, ma sotto la diocesi di Modena.
Convento e chiesa non esistevano nell' anno 1494, mentre nell'aprile del 1525 il ritiro monastico di Formigine aveva già un Priore, nominato dal Generale dell'Ordine di Bologna Padre Hieronimo da Lucca.
Apparteneva allo stesso Ordine religioso, anche il convento dei frati di S. Rocco in Spezzano. Tra i 2 conventi pare esistesse un collegamento in fatto di rendite, beni o averi di dotazione, ma la natura delle cose non emerge con chiarezza.
Con Bolla Pontificia del 22 luglio 1652 – divenuta operante tra l'aprile ed il maggio del successivo anno Papa Innocenzo X° soppresse tutti i monasteri dell' Ordine dei Padri Serviti, che non fossero in grado di mantenere almeno; sei monaci. Ne caddero in prescrizione 4 in Toscana, 14 a Roma, 1 in Lombardia e 9 in Romagna; tra i quali quello di S. Maria di Formigine e l'altro di S. Rocco di Spezzano.
La Comunità di Formigine s'adoperò presso la diocesi ed il Governo, per mantenere attivi chiesa e convento, ma l'allora Vescovo di Modena conte Roberto Fontana, con approvazione del Pontefice, consegnò la chiesa e casa con terra contigua, all'Arciprete pro tempore locale, con l’obbligo però di soddisfare tutte le celebrazioni di messe derivanti dai legati esistenti.
Il Comune mantenne per alcuni decenni ancora due frati, che vivevano un po' di questua, un po' d'elemosine e di piccole prestazioni, a volte organista, confessori, o insegnate scolastico, ma poi il convento si estinse definitivamente.
Il 27 marzo 1693 venne istituita, per legge Estense e Breve Pontificio, la confraternita delle Sacre Stigmate del Corpo di Cristo detta di S. Francesco, ma l’erezione Canonica della stessa, avvenne solamente nell’anno 1884. La Confraternita vestiva il saio francescano con cappuccio chiuso, avente una finestrella reticolare sul viso. Officiava nella chiesa del Conventino e, non si sa per quale motivo, il feudatario Calcagnini vantava il diritto di eleggere il cappellano officiante della confraternita.
Col passare degli anni il sodalizio religioso si autoinvestì del diritto di proprietà sulla chiesa, proprietà che non riuscì mai a documentare.
Fin dalla fondazione della confraternita, l'oratorio era posto sotto l'invocazione di S. Francesco d'Assisi. L'ex Conventino infatti, dopo la sua soppressione,fu sempre chiamato comunemente chiesa, mentre ufficialmente era considerato pubblico oratorio.
La pianta della chiesa internamente formava una croce, a 4 larghe braccia quasi uguali, nei quali angoli centrali, ad un'altezza di 4 metri circa, erano scavate 4 nicchie contenenti altrettante statue lignee d'altezza naturale, (m. 1,60 circa), che raffiguravano S. Fedele, S. Felice, S. Lorenzo e S. Bonaventura, tutte dello steso stile ed epoca. .
Il presbiterio era separato dal resto della chiesa, da una balaustrata, pure di legno, donata nel 1701 al Conventino, dalla locale confraternita di S. Pietro M.
Negli anni 1941-'42 durante l'ultima guerra, nel Conventino vennero accasermati militari di stanza in paese; dal 1943 invece, divenne magazzeno di macchinari e utensilerie della Fiat di Modena.
Rimase poi sinistrato dai bombardamenti aerei del 1945, subendo il crollo dell'ala sud e parte della facciata. Fu quindi ricostruito all' inizio degli anni '50
da un Cantiere-Scuola Statale, relativamente alle strutture esterne e a quelle portanti.
Negli anni che seguirono venne strutturato come ora lo si vede, in parte col contributo offerto dalla signora Tina Hensler.
Il portone centrale chiodato in stile medioevale, ed il bellissimo mosaico posto sul portale, sono opere di scuola fiorentina moderna, di cui s'ignorano gli .autori.
Oratorio San Giuseppe
Oratorio
San Giuseppe

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"ORATORIO SAN GIUSEPPE"
La cappellina che s'incontra sul lato est della via Giardini, poco a monte di Formigine e intitolata a S. Giuseppe, è di proprietà privata aperta alla pubblica venerazione, ma non rientra nel novero degli oratori pubblici della parrocchia. .
Le ragioni di tali incongruenze hanno radici molto lontane nel tempo, che ci portano agli anni 1630-1631, periodo in cui la popolazione di Formigine fu decimata dalla peste bubbonica, provocando la morte di 326 parrocchiani.
In causa del triste evento, fu necessario approntare un nuovo cimitero per i morti di peste e a tale scopo fu scelto un luogo nel campo "Sagrato", 500 metri a est dal punto ove ora è situato l'oratorio di S. Giuseppe.
Conseguentemente venne eretta una cappellina mortuaria, servente al cimitero e in ricordo dei defunti del funesto evento.
Negli anni Ottanta del secolo scorso, venne soppresso il viottolo - detto appunto di S. Giuseppe - che collegava la strada Giardini alla via Stradella, passando dinnanzi all'ormai cadente cappella mortuaria.
I coniugi conti Luigi Alberto Gandini e Ginevra Frosini, che acquistarono l'area del soppresso viotolo, in memoria dell'antica cappella crollata fecero costruire un nuovo oratorio più a ovest, trasportandone l'ubicazione sulla via Giardini. Il nuovo oratorio venne dedicato a S. Giuseppe in funzione della denominazione catastale del campo su cui sorse.
L'epigrafe posta a memoria della traslazione avvenuta è molto chiara in proposito e ricorda la visita pastorale effettuata dal Vescovo di Modena Monsignor Carlo Maria Borgognoni il 28 luglio 1891, in occasione della quale benedisse l’oratorio di S. Giuseppe.
L’anno 1936 il signor Giovanni Reiter, nuovo proprietario del fondo S. Giuseppe, costruì una villa in vicinanza dell’oratorio in parola, restaurandolo e mutandone lo stile architettonico, conforme a quello della sua nuova residenza di campagna.
Oratorio via Sassuolo
Oratorio
Via per Sassuolo

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" ORATORIO di VIA SASSUOLO "
(Villa lo Zoccolo)
La cappellina situata lungo la via Sassuolo in località Fossa, è parte del complesso degli edifici dipendenti dalla villa denominata "lo Zoccolo", l'etimologia della quale deriva dal casato che ne detenne la proprietà durante la prima metà dell'ottocento.
Il tempietto passò in proprietà a diverse famiglie patrizie, tra le quali i Ciocchi, gli Zuccoli, i Malatesta e i Tacoli per citare le più note, tuttavia figurò sempre nell'elenco degli otto oratori pubblici esistenti nella parrocchia di Formigine. Consacrato quindi e posto sotto l'invocazione della "Visitazione di S. Elisabetta", ricorrenza che in passato si festeggiava localmente per celebrare la visita fatta dalla Madonna alla cognata.
Pur nell'impossibilità di stabilire l'epoca della sua erezione, si può tranquillamente affermare che 1'origine dell' oratorio di S. Elisabetta è "remotissima.
L'esistenza della cappellina si riscontra sin dalla seconda metà del Settecento e, non è improbabile, che nel corso dei secoli vi abbia trovato sepoltura qualche defunto tra i proprietari succedutisi nel suo possesso.
L'architettura dell'edificio sacro, è un ibrido in cui prevalgono motivi di stile settecentesco. Ma un attento esame delle linee, della planimetria, della forma dell'abside e del supporto campanario, lascia scorgere il sovrapporsi dell'ornato attuale a una struttura precedente (in aggiunta o in riduzione), pur annotandosi interventi e restauri relativamente recenti.
Il sorgere dell'oratorio quindi, è da ritenersi. Avvenuto nel corso del XVII secolo.

Le Maesta'
 



Madonna
della Lucchina


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Madonna della Lucchina
In una finta finestra delle dipendenze della villa della Resistenza un tempo Gandini, è racchiuso un affresco riproducente la Madonna col Bambin Gesù d'autore ignoto.
L'immagine è denominata "Madonna della Lucchina". La denominazione ci porta per analogia e omonimia di pensiero, alla Madonna di S. Luca che si venera nel rinomato colle di Bologna, ma così non è.
Una Bolla Pastorale autentica, emanata dal Vescovo di "Modena Monsignor Emilio Cugini in data 4 maggio 1861, concede l'indulgenza plenaria ai devoti oranti della Vergine, che si dice" ,... venerasi in questa Contrada detta della Lucchina", corredata da diversi ex voto per grazia ricevuta.
La Contrada della Lucchina cominciava in via Gallucci a Modena e metteva capo in via S. Pietro. Si suppone fosse cosi chiamata perchè nel XIV secolo vennero ad abitarvi mercanti lucchesi, chiamati a Modena nel 1337 da Obizzo 3° d'Este, per ravvivare l'industria della seta ed altri commerci, spentisi in conseguenza delle guerre tra le fazioni Guelfe e Ghibellini modenesi (Aigoni e Grasolfi), e fra i nobili Intrinseci ed Estrinseci, (cittadini e del contado), concedendo loro per un quinquennio l'esenzione dagli aggravi fiscali.
Durante i lavori dell'addizione Erculea di Modena, avvenuta dal 1842 e terminata nel 1868, furono demoliti i fatiscenti edifici che componevano le Contrade dette del Pelatore o Pelatoio, del Mangano e della Lucchina, per far posto all'erigendo Palazzo della Prefettura e al nuovo Corso Adriano. (1)
I conti Gandini - che come i Tavoni, i Forghieri, i Malatesta ed altri - possedevano case in queste contrade, cedettero l'area a beneficio del miglioramento urbanistico cittadino. In base a questa operazione si ricava che i Gandini, da attenti conservatori d'oggetti d'epoca, recuperarono l'affresco della Madonna della Lucchina e la fecero traslare nella loro villa di Formigine, ove ancora si conserva assieme agli ex voto e al documento episcopale suaccennato.
Maesta'Via Valdrighi
Maesta' di
Via Valdrighi

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Maesta' di Via Valdrighi
Posto nell'angolo di nord-est, che si forma dall’incrocio della via Valdrighi con la Mazzini nella zona sub-urbana di Formigine, nel muro esterno d'una bassa costruzione ora proprietà privata, v'è una nicchia contenente l'immagine plastica della Vergine Immacolata,al cospetto della quale brilla ininterrottamente una lampada da votiva.
L'origine della maestà - se ci si passa il termine - non è remota nel tempo e nemmeno è dovuta ad un qualsiasi fatto specifico o generico. Essa è il frutto spontaneo della venerazione che trova la madre celeste in questa nostra terra, vale a dire della tradizione religiosa della gente del luogo.
Nel 1925 il capoluogo di Formigine s'ampliò verso est oltre la via Giardini, promuovendo la lottizzazione del "Prato Grotta", meglio conosciuto in loco come Piazza d'Armi.
Il fabbricato ove si trova murata la maestà in oggetto, fu iniziato l'anno 1928 e doveva servire da "Pubblico Stallo" costruito e gestito da un privato, struttura di cui Formigine era sprovvisto.
Non riuscendo l'iniziativa privata nel proposito, il Comune acquistò il fabbricato in costruzione e lo adibì a magazzeno comunale, con abitazione del custode.
In una delle colonne del cancello d'entrata, fu lasciata aperta una nicchia nella quale l'allora custode vi pose una sacra immagine, a protezione della casa e della famiglia che vi abitava, com'è costume tutt’ora di far benedire ogni nuova abitazione.
Solo nel dopoguerra però si cominciò a recitarvisi il rosario del mese di maggio, al cospetto di questa Madonna , sopperendo alla lacuna venuta a crearsi dal crollo dell’oratorio Fogliani detto della Madonna della Racchetta posto in via S. Antonio e distrutto dai bombardamenti aerei del 1945.
Nel 1962 il Comune mise in ordine il fabbricato, rivestendo e ornando il muro dov’era situata la statua della Beata Vergine, della quale gli abitanti del sobborgo si assunsero l’onere di curarne la manutenzione nei minimi particolari.
Maesta'della Mellona
Maesta'
della Mellona

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Maesta' della Mellona
(Bivio nord di Via Giardini)
La denominazione "Mellona", è caduta in disuso ormai da tre quarti di secolo. Era il nome del prato dove fu eretta questa maestà, in omaggio alla Madonna Immacolata.
Storicamente il monumento risale a data assai recente, ed il sorgere della maestà in parola, è collegato ad un'opera di pubblica utilità, più che ,ad un avvenimento sacro o Votivo.
La via Giardini all' origine, passando per Formigine separò; letteralmente il borgo in due parti; una est e l’altra ovest. Col passare dei secoli il transito all'interno del paese divenne insopportabile e pericoloso.
Fu necessario quindi promuovere una circonvallazione esterna, che trovò sfogo sul tracciato dell'antica strada circondaria di levante del paese.
L'opera fu costruita l'anno 1928, con inizio dalla via S. Onofrio e termine all'incrocio con le vie del Forno, Vecchio e del Colombaro. (Ora via di S.Antonio).
Nel punto dove ebbe inizio il nuovo tronco di strada, vennero innalzate due colonne in mattoni ai lati del ciglio stradale, a memoria dell'opera pubblica effettuata. Il pilastro est reca scolpita la data d'inaugurazione del tronco viario; mentre in quello ovest venne posta la statuetta dell'Immacolata Concezione, davanti alla quale si recita il rosario maggese.
In passato la custodia della maestà era affidata alla famiglia dello scomparso
L. Montorsi, che ne curava l'ordine e l'illuminazione votiva.
Attualmente la colonna-maestà è stata ricostruita a nuovo e spostata d'un paio di metri più a ovest della primaria, stantechè più volte l'originaria cadde sotto gli urti del transito pesante che si verifica in quel punto.
Beata Vergine della Sassola
Maesta'
Beata Vergine della Sassola

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Maesta' Beata Vergine della Sassola
(via Mosca)
Sul lato nord della via Mosca, ove termina lo stradello di S. Giacomo, s'erge un pilastro-maestà in stile Novecento, costruito in mattoni e di dimensioni maggiori al naturale.
La nicchia contiene l'immagine della Beata Vergine della Sassola che, contrariamente all'etimo, non ha nulla a che vedere con Sassuolo.
Intorno alla Madonna della Sassola e alla sua etimologia, si configurò una leggenda antica quanto miracolosa. Il suo nome appunto,deriverebbe dal ritrovamento della sacra immagine, nel greto di un fiume a valle di Modena.
Sassola starebbe al significato volgare di: rinvenuta tra i sassi, allo stesso modo di Madonna della Giara, o della Ghiara, che si venera a Reggio ed anche a Modena. .
Un'epigrafe di marmo murata nella maestà, reca scritto: "Proprietà Angela Reggianini e Figli". Il casato Reggianini possedeva beni stabili in Formigine sin dal primo Settecento e, forse, anche prima.
I Reggianini si trasferirono poi a Reggio E. nello scorcio dell'Ottocento, dopo l'avvenuta morte dell'ultimo sacerdote di quella famiglia.
Nel 1931 il Cav. Gaetano Graziosi fece ricostruire a nuovo la maestà in oggetto, dopo essersi trasferito Formigine dal sud America, nella sua villa S. Giacomo. (ora Bellei)
A causa dell'allargamento effettuato alla via Mosca nel 1976, la maestà venne a trovarsi nel bel mezzo della sede stradale, quindi fu traslata di alcuni metri (spostata non ricostruita), sul ciglio nord della strada stessa.
Detto questo, occorre fare alcune considerazioni.
Fin dal XVI secolo – e ripetutamente nei successivi – in molti documenti viene citato l’oratorio di S. Giacomo, il fondo o Campo S. Giacomo, lo stradello detto di S. Giacomo, che dai primi trasse il toponimo.
La stessa ex Fattoria Carandini porta il titolo di S. Giacomo.
Tutto insomma nella parte est di quella via, ha riferimento con l’oratorio di S. Giacomo, di cui resta sconosciuta quale fu l’esatta sua collocazione.
In base a ciò emergono alcuni interrogativi di non facile soluzione, ossia: o l’antico oratorio di S. Giacomo rovinò e non venne riedificato, come del resto capitò per altri; oppure in luogo dell’oratorio fu costruita la maestà, al capo nord della via S. Giacomo.
Resta poi un terzo aspetto della questione: la ragione per la quale venne cambiata la dedizione a S. Giacomo, in quella per la Beata Vergine della Sassola, a meno che maestà ed oratorio esistessero entrambi, cosa alquanto improbabile e mai sentita accennare.
La mancanza di notizie in proposito, verbale e documentate, lascia tutt’ora aperti questi interrogativi, alcuno dei quali potrebbe esser sciolto intervistando la signora A. Teggi, che tenne la cura della maestà di via Mosca in questi ultimi tempi.

Madonna Barbolini

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" MADONNA BARBOLINI"
(Ora Zucchi in Via Gramsci)
Immediatamente oltre il passaggio a livello di via Gramsci un massiccio pilastro-maestà ferrato e d'antica foggia, intercetta lo sguardo del passante. La forma rettangolare, l'ampia nicchia dalla grata in ferro battuto, la guisa del cappello di copertura e dei gradini a doppio uso (di servizio e per inginocchiatoio), ne indicano la sua remota origine.
La maestà è posta in omaggio alla Madonna, ma resta sconosciuta a quale ricorrenza, o, per quale specifica dedizione alla Vergine. Anche perché la settecentesca ed originaria immagine sacra ivi collocata, fu rubata da ignoti oltre un decennio addietro.
Nei documenti d'archivio, questa maestà viene nominata assai frequentemente colla denominazione di Madonna Barbolina", dal casato che ne deteneva la proprietà. Era questa un punto di riferimento fisso della viabilità locale, tanto che entrò nella toponomastica di Formigine colla denominazione di "Stradello della Madonna Barbolini".
Lo stradello era considerato la via circondaria di ponente; iniziava dall'attuale via Pascoli frontalmente alla via S. Giacomo e terminava nella via Gramsci allora Rivaroli. La via fu tagliata in due dal passaggio della linea ferroviaria, ed il fatto c'informa che la maestà venne spostata almeno un paio di volte, sempre verso ovest. Nonostante l'elevato numero di volte in cui si nomina la Madonna Barbolina, non traspaiono notizie relative alla maestà; se d'origine votiva, per dedizione, o quale segno di confine privato o viario. Solamente se ne trae l’epoca della costruzione, che risale a fine Settecento, al pari del vecchio casino di campagna della famiglia Barbolini,

Maesta'
Via Cimabue


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Maesta' di via CIMABUE
La via Cimabue appartiene al presente, essendo stata tracciata tre lustri orsono.
Essa s'è concretizzata con l'ampliamento del centro urbano, disposto nella zona sud di Formigine.
La maestà situata sul lato est della via quindi, non è stata costruita sui resti d'una reliquia d'antica data. Essa è l'espressione dell'ancor viva e profonda devozione alla Vergine Maria. Nel 1966 il signor Gubertini alieno' la sua villa di Formigine alla famiglia Medici. La signora Marta Levizzani-Medici, volle far erigere una maesta' alla Madonna, in ricordo pare, di un'altra esistente nei pressi di cui ando perduta ogni memoria. L'opera è stata eseguita dal Sig. E. Morandi intorno al 1971, a misura ed in rapporto alle dimensioni della scultura della Beata Vergine. Curata nell'ornato e nei particolari da egli stesso, la maestà è costruita in mattoni grezzi a faccia-vista ed in stile moderno. La costruzione si discosta alquanto dai tipici pilastri-colonna, "per la sua singolare forma tendente al novecentismo, le cui linee e movenze richiamano esempi di mistica architettura a1pina. A giovane vita, corrisponde breve storia: al pari appunto di quel che consta per la maestà in argomento.
Nicchia di via Garibaldi
Nicchia di
Via Garibaldi

Nicchia di Via garibaldi
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Nicchia di via GARIBALDI
All'inizio degli anni '50 del presente secolo, esisteva ancora quel tratto di via S. Francesco il quale, passando rasente al lato nord del Conventino, sboccava in via Garibaldi. Pochi anni dopo il Comune di Fomigine soppresse quel tratto terminale di strada e lo cedette all' Istituto delle suore Salesiane ad ampliamento del loro cortile. Il cancello grande dell'Istituto, che s'apriva nel recinto sud, fu portato sulla via Garibaldi. Nella colonna di sinistra che lo regge venne ricavata posticciamente una nicchia, esteticamente priva del necessario spazio interno ed esterno, nella quale tuttora e' posta una sacra immagine a stampa della Madonna del Carmine.
La maesta' - se cosi' si puo' chiamare - ha una storia che spesso ricordava Suor Anna Battistella. Un sabato pomeriggio del 14 Aprile del 1945, quando assieme ad alcune orfanelle, nel cortile del conventino viene coinvolta in una incursione aerea e trova riparo nell'orto chinata con le sue bambine a ridosso del muro di recinzione, adiacente la strada della ferrovia. Sotta la furia del bombardamento quel muro cade all'interno per lo spostamento d'aria , ne rimane indenne un breve tratto, dove loro si trovavano. Tanta paura ma miracolosamente salve. Finita la guerra quel muro viene rifatto e nell'occasione Suor Anna ha voluto lasciare una nicchia a ricordo.
Maesta'Via Imperatora
Maesta'
Via Imperatora

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Maesta' di via IMPERATORA
Nel punto in cui la via Viazzola s' immette nella via Imperatora, una maestà intitolata a Maria volge il prospetto all' angolo di confluenza delle due strade, protetta dalle fronde d'un annoso albero. Una moderna statuetta dell"Immacolata Concezione, a cui è dedicato il più semplice dei saluti: "AVE MARIA", scolpito sopra un listello di marmo murato nella parte bassa della maestà, ci rivela che la dedizione alla Vergine risale ai tempi del suo sorgere. La costruzione è senz'altro avvenuta negli anni 1897-'98, al momento in cui i fratelli Mesini, promossero l'allacciamento della via Viazzola alla Galliana tramite il nuovo tronco sud-nord di Via Imperatora.
A memoria del raccordo stradale e sotto l'imploro della protezione alla 'vergine Maria, venne innalzata la colonna-maestà a spese e per volontà dei suddetti signori Mesini. L'architettura poi della colonna, la sua linea slanciata a spigoli smussati, la forma della nicchia, della cima di copertura e dei gradini-inginocchiatoio, ha un qualche cosa di mistico e non lascia alcun dubbio sull’epoca della sua costruzione.



Maesta' del
Viottolo
Romano

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" MAESTA' del VIOTTOLO ROMANO"
Il Viottolo Romano, traccia in confine comunale di sezione tra il Capoluogo e Casinalbo. Oltrepassato il canale di Corlo, la linea di demarcazione continua verso sud seguendo la Radici fino all' incontro con la via Casali.
In quell'estremo angolo nord-ovest di Formigine, col prospetto volto sul viazzolo Romano, una vecchiarda maestà, inclinata e corrosa dal tempo e dall'incuria, parrebbe voler testimoniare gesta o fatti remoti occorsi in quel luogo. Al suo interno il pilastro racchiude l'immagine del "Sacro Cuore di Gesù". Tuttavia contemplando il suggestivo insieme, si ha l'impressione che non sia questo il titolo originario della maestà, anche se nulla si conosce in proposito.
Ogni domanda che ci si pone quindi, intesa a far luce sul passato di questa maestà, resta senza risposta e, in merito, si possono avanzare solamente ipotesi. Forse la maestà venne eretta sulla base d'un'altra preesistente; forse fu innalzata quale punto iniziale o terminale dello stradello; o forse ancora a protezione di quanti attraversavano il canale a guado o tramite il ponte con rotabili.
Alla totale mancanza di notizie al riguardo, contribuisce non poco l'esistenza d'un più famoso oratorio (detto del Cipollino), situato sullo stesso stradello, ma soggetto alla parrocchia di Casinalbo sotto l'invocazione del Santissimo Crocefisso.
L'unica cosa certa - anche se non documentata - è l'antichissima origine della maestà, in ragione dell'etimologia dello stradello: "romano" del luogo: "Cipollino"; del ponte sul canale detto "di Sanguinetto", nominato questo intorno al 1201, per una sconfitta subita dai modenesi ed opera dei reggiani. Tutte supposizioni, dalle quali però sempre emerge un unico dato: l’epoca remota in cui quel luogo fu teatro di avvenimenti antichi e conosciuti.
   
   

 

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